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Privatizzare i servizi

Mi preparo a scendere, mentre l'Eurostar rallenta per terminare il suo viaggio. Dall'altoparlante una voce molto professionale dice: "Trenitalia vi ringrazia per la preferenza accordata". Mi sfugge una risatina, la ragazza di fronte a me non capisce e mi guarda con aria interrogativa. Allora chiarisco "Ci ringraziano per la preferenza: come se avessimo potuto scegliere la compagnia con cui viaggiare!". Allora anche lei sorride all'idea di una società che opera praticamente in regime di monopolio e ringrazia gli utenti per averla scelta. Ma la cosa è più seria di quanto non sembri, sia per Trenitalia che per noi.
Da qualche anno gli stati dell'Unione Europea e di mezzo mondo hanno dichiarato guerra ai monopoli. Non porre alcun ostacolo alla concorrenza è diventata una delle parole d'ordine del WTO, o meglio la parolina magica che promette di coniugare alta qualità e bassi prezzi. Così le Ferrovie dello Stato si sono divise in due: una società gestisce i binari e l'altra i treni. Ed entrambe fanno finta di essere imprese che operano in un regime di libera concorrenza.

Libera concorrenza

Ma cosa vorrebbe dire essere in libera concorrenza nel settore ferroviario?
Pensate di dover essere, poniamo, a Roma per le nove di mattina e di dover partire da Firenze. Dopo una piccola ricerca su Internet dovreste poter trovare le offerte di diverse compagnie, almeno due o tre, per cui potreste essere in grado di decidere se impiegare un poco più di tempo, diciamo una mezz'ora, in cambio di un prezzo alquanto inferiore, oppure se lasciarsi tentare da un'altra offerta che consente circa gli stessi tempi del treno più veloce, ma, per una manciata di euro in più, promette poltrone da nababbo, colazione con croissant caldi di Vissani e in più schermo a cristalli liquidi personale con scelta fra videogiochi o film.
Allora sì, che si potrebbe parlare di concorrenza! Ma avere più treni sullo stesso percorso che arrivano a destinazione alla stessa ora richiederebbe più di una linea ferroviaria, almeno fra le città principali, e questo farebbe comunque salire i prezzi alle stelle.
Come può funzionare la concorrenza se non c'è possibilità di scelta? Infatti non funziona.
Si parla ormai apertamente di disastro delle ferrovie britanniche, che sono state le prime a privatizzare, pagando questa scelta non solo con un drastico peggioramento del servizio, ma anche con una serie di impressionanti incidenti, culminati con l'incidente di Londra nel quale hanno perso la vita centotrenta persone. In molti hanno puntato il dito contro la concorrenza, che ha spinto le compagnie a ridurre le norme di sicurezza per risparmiare.

Scuole in concorrenza

Questa impossibilità o difficoltà ad attivare meccanismi di concorrenza non è propria solo delle Ferrovia. Prendiamo la scuola: per elementari e medie per avere possibilità di scelta dovrebbero esserci scuole di diverso indirizzo a poca distanza da casa. Probabilmente questo potrebbe essere possibile in città, ma non nei paesi, dove le diverse scuole dovrebbero essere troppo piccole per sopravvivere o per essere efficienti.
Alle superiori la situazione è complicata dalla scelta dell'indirizzo: se un alunno si orienta verso una scuola con una certa specializzazione ben difficilmente potrà scegliere fra più scuole.

Reti di distribuzione

Alcuni servizi si avvalgono di reti di distribuzione, come telefoni, elettricità, gas e acqua: dovremo moltiplicare le reti per dare la possibilità di scelta? Per la rete telefonica fissa i diversi gestori hanno comunque dovuto obbligatoriamente passare dai cavi della Telecom. Per altre reti la cosa è complicata dal fatto che, mentre per il telefono il "punto di fornitura" è la centrale, per altre reti questo si trova presso l'abitazione dell'utente. In altre parole: per il telefono esiste una linea singola dalla centrale alla casa dell'utente, ma per il gas o la luce la linea si dirama solo presso la sua abitazione. Come possiamo immaginare che in un condominio una famiglia si serva per la fornitura di luce, gas o acqua da un gestore diverso da quello dei vicini? E avremo due o tre postini che ci recapitano la corrispondenza?

Bisogna saper scegliere

Ammesso che ci sia la possibilità effettiva di scegliere basterebbe questo a garantire il funzionamento della concorrenza? No, perché per poter scegliere bisogna saper scegliere e non sempre questo è possibile.
Restiamo nel campo dei servizi e vediamo cosa succede nella Sanità. Dare un giudizio su di un nuovo farmaco richiede un lavoro talmente complesso e delicato che non è alla portata nemmeno di un semplice medico. È ormai noto che la reazione dell'organismo è influenzata da tutta una serie di fattori emotivi. Questa reazione è qualcosa di concreto, non una semplice suggestione: non succede solo che un antidolorifico faccia effetto prima di essere assorbito dallo stomaco, ma anche che vi sia un oggettivo miglioramento in metà dei malati di ulcera che, come gruppo di controllo in una sperimentazione, hanno ricevuto una pastiglia assolutamente inerte.
Questo implica che, come accade regolarmente nella sperimentazione, né medici né pazienti conoscano chi riceve veramente il farmaco e chi una pilloletta di talco. Per non parlare poi dei controlli necessari per verificare le condizioni di partenza e l'entità reale dei miglioramenti.
Per essere più semplici: quando una persona esce guarita da un ospedale, chi, se non un dottore, è in grado di dire se è guarita perché i medici sono stati bravi o perché il suo caso era facile da risolvere?
La libertà di cura, tanto sbandierata dai sostenitori della cura Di Bella, è una pura illusione: nessuno è in grado di scegliere autonomamente una cura. Purtroppo molti hanno abbandonato una dolorosa chemioterapia per una cura che si è poi dimostrata inefficace. Anche in altri campi dare un giudizio non è facile. Pensate solo alla giungla delle tariffe dei telefonini o alle diverse condizioni proposte dalle banche per i conti correnti bancari.
E quanti sono in grado di dare un giudizio su una scuola?

Ripetere la scelta

A questo può aggiungersi anche un altro ostacolo: quella che potremmo chiamare la ripetibilità dell'acquisto o della fruizione del servizio.
Un esempio in piccolo sono i film. Una volta presa la decisione, il tempo che vi dedicheremo non tornerà più. E non possiamo nemmeno sapere se la pellicola ci piacerà. Al massimo, dopo, possiamo sfogarci sconsigliando agli amici di andarlo a vedere.
Ma nella vita ci sono scelte più importanti. In Italia non dobbiamo scegliere fra diversi sistemi di previdenza sociale o di convenzioni sanitarie: ci sono l'INPS ed il servizio sanitario nazionale e dobbiamo tenerceli, ci piaccia o no. Possiamo, al massimo, acquistare prestazioni integrative, ma a questi non possiamo rinunciare. Se ci fosse libertà di scelta, dice qualcuno, potremmo scegliere fra diverse assicurazioni quella che ci conviene di più.
In America funziona così. Ma se un lavoratore si accorge dia aver scelto un'assicurazione sbagliata quando è già in pensione, come può rimediare? Anche lui può solo parlarne male con gli amici.

Assistenza come in America

I problemi dell'assistenza sociale in America meriterebbero una trattazione a parte, tanto sono vasti e rappresentativi dell'inadeguatezza del mercato a gestire i problemi sociali. La libertà di scelta urta contro il costo elevato delle polizze, che spinge spesso i lavoratori meno abbienti a trascurare la previdenza. D'altra parte le compagnie si rifiutano di sottoscrivere polizze con la parte meno redditizia della popolazione, ad esempio i meno giovani. Le polizze fanno parte spesso del contratto di lavoro e se un lavoratore perde il posto ad un'età avanzata non troverà compagnie disposte a farsene carico e quindi rischierà di restare senza assistenza sanitaria. Per quanto possiamo lamentarci della sanità italiana, studi e statistiche dicono che gli Italiani e gli Europei in genere godono di un trattamento nettamente migliore dei pazienti americani. Se possiamo prendere come indice della bontà di un sistema sanitario l'aspettativa di vita media della popolazione, gli italiani possono sperare di vivere un paio di anni in più degli statunitensi e studi più recenti indicano che potrebbe esservi non solo un ulteriore allungamento della vita, ma anche un allargamento del divario a nostro favore: da due a quasi quattro anni. Uno dei motivi addotti dalla ricerca è la presenza di un diffuso programma di medicina preventiva, reso possibile dal fatto che esiste una sanità pubblica che ha tutto l'interesse a ridurre la necessità di interventi curativi. Probabilmente abbiamo una buona immagine del sistema sanitario americano, grazie alle elevate prestazioni che offre a chi se le può permettere, ma l'efficienza per il cittadino medio risulta alla fine più bassa di quella delle nostre USL.

Se poi mi pento?

Altre scelte risultano difficilmente revocabili: ad esempio quella relativa all'istruzione superiore.
In tempi recenti si è parlato molto delle cosiddette "passerelle" che, facilitando il passaggio da un indirizzo all'altro, dovrebbero consentire di correggere un'eventuale scelta sbagliata. Ma il passaggio da una scuola all'altra, per quanto facilitata non può essere senza costi o problemi: basti pensare alla spesa per i libri di testo o agli inevitabili traumi dell'abbandono di una classe dove l'alunno si è inserito per entrare in un'altra che ha già iniziato una vita insieme.
Quindi una scuola che propagandi attività e servizi che non mette in atto difficilmente verrà penalizzata dal passaggio degli alunni ad altri Istituti.

Ma il monopolio non è sempre il Diavolo

Quindi, anche se la lotta contro i monopoli è una cosa sacrosanta, il passaggio dei servizi al mercato non risolve da solo tutti i problemi. Non dimentichiamo che il monopolio non è una situazione conveniente per il consumatore e si può dimostrare, oltre che intuire, che il monopolista può praticare prezzi più alti di quelli che dovrebbero essere garantiti dal libero mercato.
Questo vale, però se il monopolio ha fini speculativi. Sembra che sia scomparso il concetto di "monopolio a fini sociali", tuttora presente nei manuali di economia, secondo il quale lo Stato può riservarsi la gestione di alcuni servizi per garantire la copertura di aree non remunerative per una gestione privata. È il caso della fornitura di energia elettrica a zone di montagna o dei collegamenti ferroviari in zone poco popolate. Non credo servano molte parole per dire come queste situazioni verrebbero trascurate da un gestore che abbia come traguardo il profitto.
Sembra però che questo non importi più a nessuno. Forse è anche merito del fatto che in molti casi lo Stato non è il migliore dei gestori.


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