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Specchio antico

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Ora vediamo come in uno specchio antico (San Paolo)

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“Non può piovere sempre”

In principio sembrò una coincidenza che si protraeva un po’ troppo. Non ci volle molto tempo perché si cominciasse ad associare la cosa ai film di Fantozzi e a scherzare sulla puntualità della “nuvola da impiegati”. Ma naturalmente era uno scherzo. Però il fatto è che da molti mesi ormai, con troppa regolarità, durante i week-end in Italia pioveva. Da così tanto tempo che quando un bagnino di Cesenatico si suicidò, subito i giornali diedero la colpa all’andamento meteorologico, senza considerare il fatto che nel giro di tre giorni la moglie lo aveva piantato, l’amante era fuggita con un bidello delle medie e un corto circuito aveva fuso in un unico blocco la sua collezione di CD di Shakira.
Per un bel po’ di tempo si andò avanti fra ironie, rabbia e rassicurazioni degli esperti che rassomigliavano molto allo slogan di un vecchio film “Non può piovere sempre”. Al quale il popolo rispondeva amaramente “Infatti da lunedì a venerdì non piove”.
Il tempo ormai si misurava in anni, quando un anziano docente dell’Università di Tubinga, il professor Warmer Sommersturm, annunciò di avere la spiegazione del fenomeno. Chiese innanzitutto scusa per avere craccato una dozzina di centri di calcolo fra i più potenti al mondo, ma era necessario per far funzionare il più complesso modello meteo mai realizzato. Con questo modello era riuscito a mettere in relazione altre strane regolarità che si erano verificate qua e là nel mondo, come ad esempio la tromba d’aria su Timbuctù ogni dieci giorni, le grandinate del giovedì sul delta dell’Okawango e il temporale che arrivava ogni terzo mercoledì del mese sul lago Titicaca alle quindici e trentasette. I mutamenti climatici avevano creato localmente una serie di cicli regolari che a loro volta si combinavano in vario modo dando origine a comportamenti che si ripetevano con diverse periodicità. Fra questi, appunto, le piogge di fine settimana sull’Italia. Naturalmente non fu creduto. La reazione più seria fu quella di un noto sito di previsioni meteo che mise in rete un referendum per decidere se il fenomeno si dovesse chiamare “Signora Pina”, “Mariangela” o “Signorina Silvani”.
Per fortuna nelle Università non mancano i curiosi, anzi si potrebbe dire che è il loro ambiente naturale. Un giovane ricercatore del politecnico di Lahore si prese la briga di mettere in rete ventiquattro grossi computer, in maniera più o meno legale. Sviluppò ulteriormente il modello del professor Sommersturm e riuscì a confermare la sua teoria. Nel frattempo altri avevano provato a smentire l’ipotesi, ma senza successo. Così la teoria del professor Sommersturm attraversò le ben note quattro fasi che ogni nuova teoria scientifica deve affrontare:
“È una sciocchezza”
“Potrebbe essere vero”
“Non c’è niente di nuovo”
“L’avevo detto prima io”.
Alla fase quattro si cominciarono a cercare soluzioni. Nelle varie parti del Mondo le popolazioni si erano ormai adattare alla nuova situazione con piccoli o grandi aggiustamenti. Nel complesso, piano piano, la gente si stava abituando alla regolarità climatica ed anzi in molti casi si era trovato il modo di trarre profitto dalla prevedibilità dei fenomeni.
Solo la situazione dell’Italia appariva critica ed allora si pensò alla soluzione più logica: spostare la domenica. Chiaramente l’opposizione più forte venne dagli ambienti religiosi, che però si arresero di fronte alla constatazione che il Giorno del Signore da occasione di festa si era ormai trasformato in un abisso di depressione. Non ci volle molto per decidere che era meglio accorciare una settimana piuttosto che allungarla. In un primo tempo si pensò di eliminare giovedì e venerdì, ma poi cominciò a circolare l’idea che se si doveva eliminare un giorno era meglio togliere un lunedì. Dopo molte discussioni, più o meno accademiche, si decise per una settimana che iniziasse di martedì e finisse di giovedì, fissando la data in modo da togliere di mezzo anche un venerdì tredici.
Così venne il grande giorno e tutto si risolse in apocalittici ingorghi sulle autostrade all’andata, indescrivibili affollamenti sulle spiagge, anche le più sperdute, e altri colossali ingorghi al ritorno. Al lunedì tutti in ufficio, facendo pernacchie a Giove Pluvio che non mancava di ricambiare con scrosci di pioggia. Ma l’incubo era finito e si prospettava un futuro di radiosi fine settimana e si facevano progetti per approfittare del ciclo regolare delle precipitazioni. Tutto sembrava andare per il meglio, tranne, ovviamente, che per i meteorologi, per i quali si dovette studiare un piano di ricollocamento in lavori socialmente utili.
Un tarlo però rodeva la mente degli scienziati: sarebbe durato? Si collegarono allora quarantotto colossali computer, si mise a punto la versione 3.0 del modello del professor Summersturm e si iniziò a cercare quali eventi avrebbero potuto turbare la comoda regolarità meteorologica.
La risposta fu rassicurante. Il regime che si era instaurato era incredibilmente stabile, a perturbarlo non sarebbe bastata la classica farfalla che battendo le ali a Tokio fa piovere a Parigi. “Per fare un esempio” dichiarò il professor Sommersturm durante un talk show, “non sarebbe sufficiente nemmeno che contemporaneamente il Krakatoa eruttasse, il ghiacciaio Perito Moreno precipitasse per intero in mare e tutti i gayser di Yellowstone spruzzassero all’unisono.
In quel preciso istante il Krakatoa eruttò, il Perito Moreno precipitò, i gayser di Yellowstone spruzzarono. E una farfalla battè le ali a Tokyio.
Piove

Piove

In principio sembrò una coincidenza che si protraeva un po’ troppo. Non ci volle molto tempo perché si cominciasse ad associare la cosa ai film di Fantozzi e a scherzare sulla puntualità della “nuvola da impiegati”. Ma naturalmente era uno scherzo. Però il fatto è che da molti mesi ormai, con troppa regolarità, durante i week-end in Italia pioveva. Da così tanto tempo che quando un bagnino di Cesenatico si suicidò, subito i giornali diedero la colpa all’andamento meteorologico, senza considerare il fatto che nel giro di tre giorni la moglie lo aveva piantato, l’amante era fuggita con un bidello delle medie e un corto circuito aveva fuso in un unico blocco la sua collezione di CD di Shakira.

Per un bel po’ di tempo si andò avanti fra ironie, rabbia e rassicurazioni degli esperti che rassomigliavano molto allo slogan di un vecchio film “Non può piovere sempre”. Al quale il popolo rispondeva amaramente “Infatti da lunedì a venerdì non piove”.
Il tempo ormai si misurava in anni, quando un anziano docente dell’Università di Tubinga, il professor Warmer Sommersturm, annunciò di avere la spiegazione del fenomeno. Chiese innanzitutto scusa per avere craccato una dozzina di centri di calcolo fra i più potenti al mondo, ma era necessario per far funzionare il più complesso modello meteo mai realizzato. Con questo modello era riuscito a mettere in relazione altre strane regolarità che si erano verificate qua e là nel mondo, come ad esempio la tromba d’aria su Timbuctù ogni dieci giorni, le grandinate del giovedì sul delta dell’Okawango e il temporale che arrivava ogni terzo mercoledì del mese sul lago Titicaca alle quindici e trentasette. I mutamenti climatici avevano creato localmente una serie di cicli regolari che a loro volta si combinavano in vario modo dando origine a comportamenti che si ripetevano con diverse periodicità. Fra questi, appunto, le piogge di fine settimana sull’Italia. Naturalmente non fu creduto. La reazione più seria fu quella di un noto sito di previsioni meteo che mise in rete un referendum per decidere se il fenomeno si dovesse chiamare “Signora Pina”, “Mariangela” o “Signorina Silvani”.
Per fortuna nelle Università non mancano i curiosi, anzi si potrebbe dire che è il loro ambiente naturale. Un giovane ricercatore del politecnico di Lahore si prese la briga di mettere in rete ventiquattro grossi computer, in maniera più o meno legale. Sviluppò ulteriormente il modello del professor Sommersturm e riuscì a confermare la sua teoria. Nel frattempo altri avevano provato a smentire l’ipotesi, ma senza successo. Così la teoria del professor Sommersturm attraversò le ben note quattro fasi che ogni nuova teoria scientifica deve affrontare:
“È una sciocchezza”
“Potrebbe essere vero”
“Non c’è niente di nuovo”
“L’avevo detto prima io”.
Alla fase quattro si cominciarono a cercare soluzioni. Nelle varie parti del Mondo le popolazioni si erano ormai adattare alla nuova situazione con piccoli o grandi aggiustamenti. Nel complesso, piano piano, la gente si stava abituando alla regolarità climatica ed anzi in molti casi si era trovato il modo di trarre profitto dalla prevedibilità dei fenomeni.
Solo la situazione dell’Italia appariva critica ed allora si pensò alla soluzione più logica: spostare la domenica. Chiaramente l’opposizione più forte venne dagli ambienti religiosi, che però si arresero di fronte alla constatazione che il Giorno del Signore da occasione di festa si era ormai trasformato in un abisso di depressione. Non ci volle molto per decidere che era meglio accorciare una settimana piuttosto che allungarla, anche se una settimana con sette giorni lavorativi avrebbe realizzato un antico sogno nel cassetto di Confindustria. In un primo tempo si pensò di eliminare giovedì e venerdì, ma poi cominciò a circolare l’idea che se si doveva eliminare un giorno era meglio togliere un lunedì. Dopo molte discussioni, più o meno accademiche, si decise per una settimana che iniziasse di martedì e finisse di giovedì, fissando la data in modo da togliere di mezzo anche un venerdì tredici.
Così venne il grande giorno e tutto si risolse in apocalittici ingorghi sulle autostrade all’andata, spiagge al cui confronto la Normandia il giorno dello sbarco sembrava un’oasi di pace e altri biblici ingorghi al ritorno. Al lunedì tutti in ufficio, facendo pernacchie a Giove Pluvio che non mancava di ricambiare con scrosci di pioggia. Ma l’incubo era finito, si prospettava un futuro di radiosi fine settimana e si facevano progetti per approfittare del ciclo regolare delle precipitazioni. Tutto sembrava andare per il meglio, tranne, ovviamente, che per i meteorologi, per i quali si dovette studiare un piano di ricollocamento in lavori socialmente utili.
Un tarlo però rodeva la mente degli scienziati: sarebbe durato? Si collegarono allora quarantotto colossali computer, si mise a punto la versione 3.0 del modello del professor Summersturm e si iniziò a cercare quali eventi avrebbero potuto turbare la comoda regolarità meteorologica.
La risposta fu rassicurante. Il regime che si era instaurato era incredibilmente stabile, a perturbarlo non sarebbe bastata la classica farfalla che battendo le ali a Tokio fa piovere a Parigi. “Per fare un esempio” dichiarò il professor Sommersturm durante un talk show, “non sarebbe sufficiente nemmeno che contemporaneamente il Krakatoa eruttasse, il ghiacciaio Perito Moreno precipitasse per intero in mare e tutti i gayser di Yellowstone spruzzassero all’unisono”.
In quel preciso istante il Krakatoa eruttò, il Perito Moreno precipitò, i gayser di Yellowstone spruzzarono. E una farfalla battè le ali a Tokyio.
I meteorologi furono richiamati precipitosamente in servizio.

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