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Specchio antico

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Ora vediamo come in uno specchio antico (San Paolo)

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Ho visto…

Sto lavorando su dispense di don Oreste di metà degli anni ‘50. Uno dei temi che mi piacerebbe sviluppare è quello del suo stile di scrittura. Ad esempio faceva un gran uso dell’iterazione, vale a dire la ripetizione di una parola o di una breve frase per dare forza e incisività al discorso. Ho trovato un brano che mi ha colpito per come espone, secondo me, il cuore del suo modo di avvicinarsi agli ultimi. Ma, in prima battuta, aveva attirato la mia attenzione un qualcosa nel linguaggio. Mi sono preso la libertà di dividerlo come se fosse una poesia.

Ho visto

un ragazzo povero, stracciato, disprezzato:

eppure quel ragazzo

ha un valore infinito.

Ho visto

un ragazzo che non vive in grazia,

chi lo vede

lo direbbe un disgraziato:

la sua bocca sembra una bocca dell’inferno,

eppure quel ragazzo

ha un valore infinito.

Ho visto

un ragazzo simpatico, bello, brillante

e tutti gli vanno dietro eppure nessuno lo ama

perché nessuno ha scoperto in lui

un valore infinito

Gli uomini

non sono divisi

in categorie di grandi e piccoli,

gli uomini

sono tutti

di un valore infinito.

Hanno un valore infinito

perché sono oggetto dell’amore di Dio:

Dio li ama, così come sono,

e tutto ciò

che è toccato dall’amore di Dio,

diventa prezioso,

e Dio li ama

tanto che non accetta come vero

l’amore dell’uomo verso di Lui

se non ha

come seconda faccia

l’amore al prossimo.

Ho visto” un incipit che a qualcuno ricorderà la canzone di Francesco Guccini “Dio è morto”. La canzone, come dichiarato più volte dal cantautore, gli fu ispirata da un poema di Allen Ginsberg, poeta della Beat Generation, “L’urlo”, che inizia per l’appunto con le parole “Ho visto le menti migliori della mia generazione…”.

Io sono uno che va a vedere su Wikipedia. La dispensa è databile con una certa sicurezza nei primi mesi del 1957, gennaio o febbraio (questo su Wikipedia non c’era). “L’urlo” fu letto per la prima volta in pubblico nel 1955 e pubblicato in un libro in America nel 1956. La traduzione italiana fu pubblicata nel 1965.

Cosa pensare? Don Oreste era così attento all’attualità culturale da conoscere un recentissimo prodotto dell’avanguardia culturale americana che aveva suscitato un forte scalpore, ma non era ancora stato tradotto? Una pura, ma impressionante coincidenza? Davvero non so cosa pensare.

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