Grafomania


In ricordo di don Oreste Benzi

Rimini, 7 novembre 2008
Testimonianza alla "Preghiera senza barriere"

Ho cominciato a seguire don Oreste perché con lui si faceva giustizia e quindi la rivoluzione.
E ho cominciato a fotografarlo, perché quando c'è una rivoluzione, succedono cose che poi non succedono più. E quando si fa la rivoluzione, alcune cose che prima c'erano poi non ci sono più.
O almeno non ci sono da noi, perché in Romania o Turchia gli Istituti esistono ancora. Ma in Italia degli Istituti per handicappati restano i muri, che adesso servono ad altro. E non è detto che quello che non c'è più, non ritorni, come le classi differenziali.

Succedevano cose strane: handicappati che giravano per le strade, che entravano nei bar, pretendevano di andare in vacanza. Oggi è normale, negli anni '60 non lo era.
Succedevano anche cose di cui voi forse fate fatica a capire la portata. Già un prete che scendeva in piazza se non c'era una processione era una cosa strana, figuriamoci se si univa ai comunisti o agli extraparlamentari, quando tutti i cattolici dovevano essere democristiani.
Eppure è successo, ed è stato entusiasmante, anche perché Don Oreste è sceso in piazza da prete, senza nessun compromesso.

Così ho cominciato a fotografare gli handicappati che lavoravano, che andavano al mare, le case famiglia e altre cose nuove e strane. Naturalmente in mezzo a questo c'era Don Oreste e fotografare lui dava sempre soddisfazione. Un po' perché creava spesso situazioni interessanti, un po' anche perché era facile. Quando mi facevano i complimenti a volte rispondevo “beh, coi bambini è facile”. Perché questo appariva spesso nel mirino, un bambino pronto a conquistare tutti col sorriso. Del resto nel Vangelo c'è scritto che per entrare nel regno dei cieli bisogna tornare come bambini. Magari quando sarà ora di convincere qualcuno che lui è in Paradiso tirerò fuori qualche foto di quelle giuste.

Don OresteA volte invece non sembrava proprio un bambino. Era quando saliva in cattedra, quasi senza farsi accorgere, e ci parlava della Parola di Dio. Ne sapeva tantissimo, i suoi commenti erano sempre profondissimi. Sembrava che per ogni parola sapesse tirar fuori la derivazione latina, greca o a volte in aramaico. Di ogni episodio sapeva dire dove era successo, chi comandava allora e quali altri fatti si legavano a quello. Succedeva così anche quando affrontava qualche problema. Ricordo che ai tempi di Commissione Giustizia si presentava preparatissimo, con una precisa analisi della situazione e puntuali citazioni delle leggi. Quando e dove si preparasse non lo so.

Ma sapeva bene che non era quello che conquistava le persone. La gente non vuole sentirsi calare le cose dall'alto.

Sono convinto che Don Oreste sia stato un monellaccio che aveva incontrato Dio. E che tenesse quel monello dentro di sé, facendolo emergere quando gli serviva per incontrare le persone o forse anche per trovare la spavalderia dell'innocenza per affrontare qualche situazione spinosa o per proclamare che il Re è nudo. E lo fotografavo volentieri perché non fingeva, era sé stesso e adesso ho l'impressione che lasciasse trasparire anche Dio, che era in lui. E ho l'impressione che Dio trasparisse anche da Pasqualino da Sandra, anche loro fra i miei soggetti preferiti. Così l'ho fotografato quasi tutte le volte che potevo.
Dico quasi perché a volte ero tanto preso da quello che diceva che mi dimenticavo la macchina fotografica nella borsa.
Ma non me ne pento. L'unico rimpianto è di non avere una foto di Don Oreste col Rosario in mano.

Le mie foto gli piacevano e diceva che quelle in bianco e nero sembravano dei Della Robbia. Facevo finta di rimanere un po' perplesso, perché Della Robbia faceva dei bassorilievi tutti bianchi e le mie erano foto in bianco e nero, ma mi faceva piacere e lo trovavo un complimento sincero. Ci sono cose, però, che non si riesce a fotografare (o forse ci vuole uno più bravo di me).

Così qualcosa ve la racconto e sono le volte che confessava la sua debolezza. Una volta aspettavamo con lui che iniziasse un incontro. Prese il lezionario e disse “toh, oggi si legge Giona. È il mio profeta preferito, perché non ne ha voglia, proprio come me”.
Come, Don Oreste, sei il nostro profeta e ci dici questo? Che non ne hai voglia?
Poi mi è venuto in mente anche di un'altra volta, quando ci aveva detto: “Vi spiego cosa vuol dire amare per primi. Avete presente tutta la gente che mi aspetta dopo la Messa? Non ne ho proprio volta d'incontrarli. Allora vado loro incontro per primo, con il sorriso e la mano tesa”
Ma come, se ti vediamo tanto entusiasta, ci dici che non ne hai voglia?

Ho capito allora che fare la rivoluzione... scusate mi sono sbagliato: rivoluzione... non so come mi sia venuto fuori. Ho capito allora che diventare santi non era una cosa che ti arrivava dall'alto, che bisognava conquistarla, stando in ginocchio, come diceva lui. Ho capito anche che, se Don Oreste non ne aveva voglia, come me, qualcosa di buono potevo farlo anche io.

 


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